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La revisione di una protesi di ginocchio, ossia la riprotesizzazione, è un intervento chirurgico finalizzato alla sostituzione di una o più componenti dell’impianto protesico al fine di eliminare il dolore e  restituire al paziente una buona funzionalità articolare.

Trattandosi di un intervento più lungo, complesso e con maggior rischi rispetto ad un primo impianto, il chirurgo ortopedico deve assolutamente, dopo aver posto precisa diagnosi, valutare la condizione psico-fisica dei pazienti escludendo quelli non idonei o quelli che, avendo basse richieste funzionali, possono evitare l’intervento chirurgico.

Le cause che inducono al fallimento dell’impianto protesico e quindi all’intervento di revisione protesica sono molteplici:

 

Usura dell’inserto articolare

L’inserto articolare di polietilene può usurarsi dopo molti anni di intenso utilizzo, specie in soggetti molto attivi. Questa situazione era più frequente nelle protesi di alcuni anni fa quando la qualità del polietilene stesso era assai inferiore a quella attuale. A seguito di questa usura l’impianto protesico perde progressivamente  stabilità cosa che nel tempo può portare ad uno scollamento asettico dell’impianto protesico. Pertanto la sostituzione del polietilene, laddove indicata, può allungare la vita dell’impianto.

 

Mobilizzazione asettica delle componenti protesiche

La liberazione di detriti, specie a causa dell’usura del polietilene, può determinare un lento riassorbimento dell’osso circostante portando ad uno scollamento delle componenti protesiche sia femorale che tibiale. In base alla gravità del difetto osseo conseguente alla mobilizzazione, possono essere usate protesi standard oppure dedicate, con la possibilità di utilizzare  fittoni intramidollari lunghi o  cunei e/o wedge di riempimento al fine di garantire una buona fissazione ossea.

 

Infezione protesica

Richiede  quasi sempre un trattamento chirurgico dal momento che i batteri presenti, dopo qualche tempo, sono in grado di costituire un ambiente protetto a ridosso delle componenti protesiche (“biofilm”) che ne rende impossibile l’eradicazione anche con adeguata terapia antibiotica.

Nelle infezioni acute le componenti devono essere rimosse a causa dell’aggressività dell’infezione stessa; le infezioni croniche possono invece nel tempo determinare progressivo scollamento delle componenti protesiche con comparsa di dolore e impotenza funzionale.

L’unica possibilità di trattamento in entrambi i casi è rappresentata dall’intervento di revisione protesica “two-stage revision”, ossia un primo tempo di espianto della protesi e inserimento di uno spaziatore conformato (ossia della stessa forma della protesi) antibiotato che deve essere mantenuto dai 2 ai 4 mesi fino alla risoluzione dell’infezione e solo successivamente si procederà all’intervento di posizionamento della protesi definitiva.

Nei mesi in cui al paziente viene posizionato lo spaziatore conformato il paziente puo’ deambulare con 2 stampelle con appoggio sfiorante ma ha la possibilità di eseguire flesso-estensioni del ginocchio utili al fine di mantenere una buona elasticità tessutale assai utile quando verrà eseguita la riprotesizzazione.

 

Artrosi di altri compartimenti del ginocchio

Assai spesso il coinvolgimento artrosico di altri compartimenti risparmiati dall’impianto di una protesi monocompartimentale di ginocchio determina la comparsa di dolore ingravescente e limitazione funzionale rendendo necessaria la revisione protesica trasformando l’impianto parziale in una protesi totale.

 

Instabilità

L’instabilità è un evento sottovalutato tra i pazienti insoddisfatti della loro protesi di ginocchio. Quando una protesi diventa instabile per il cedimento dei legamenti collaterali o del legamento crociato posteriore, è talora necessario il ricorso ad un modello protesico che consenta un vincolo maggiore con una conseguente stabilità intrinseca superiore.

 

Malallineamento e/o malrotazione delle componenti protesiche

In questi casi è necessario revisionare totalmente la protesi per ovviare al problema ottenendo un adeguato bilanciamento legamentoso e riducendo di conseguenza la sintomatologia dolorosa.

 

Rigidità

La limitazione dell’articolarità di un ginocchio protesizzato riconosce diversi fattori tra cui: 1) inadeguata FKT post-operatoria  2) eccessiva tensione legamentosa 3) eccessivo ingombro protesico 4) paziente con “habitus”  ansioso-depressivo che mal tollera il dolore derivante dalla FKT  5) infezione occulta.

E’ bene ricordare come il ginocchio protesizzato di solito non raggiunga mai l’escursione articolare di un ginocchio sano e come vadano trattate chirurgicamente solo rigidità che determinino una evidente mancanza di estensione del ginocchio (cosa che provocando un’attivazione costante del quadricipite porta ad un’affaticabilità di tale muscolo con conseguente mancanza di stabilità e sensazione di cedimento articolare) oppure una flessione inferiore ai 90° (indispensabile per la maggior parte delle attività del quotidiano).

Limitazioni flessorie tra i 90 e 110° possono limitare la performance di soggetti attivi ma non sempre devono essere necessariamente trattate chirurgicamente.

Se la rigidità (specie quella in flessione) viene precocemente riconosciuta, ossia entro il 2-3° mese, può giovare di un trattamento di sblocco del ginocchio in narcosi mentre se riconosciuta tardivamente e se importante e limitante deve essere necessariamente trattata chirurgicamente. L’intervento può prevedere  la lisi delle aderenze e/o sostituzione dell’inserto in polietilene riducendone l’altezza e/o  la sostituzione della componente femorale riducendone le dimensioni in modo da detendere i tessuti molli responsabili della rigidità.

Va assolutamente ricordato come la chirurgia di revisione del ginocchio rigido è particolarmente delicata e a rischio di recidiva e dunque deve sempre prevedere un’intensa FKT post-operatoria.

 

Cosa comporta l’intervento di revisione di una protesi di ginocchio?

Solitamente viene utilizzata la medesima incisione cutanea dell’intervento precedente che può essere estesa in rapporto alla complessità del caso. Il decorso post-operatorio è chiaramente proporzionale all’entità del gesto tecnico.

Nei casi più facili ossia quelli di sostituzione dell’inserto in polietilene e/o protesizzazione della rotula, il dolore post-operatorio e la riabilitazione saranno di gran lunga inferiori. Le classiche riprotesizzazioni femorali e tibiali richiedono invece tempi di recupero sicuramente più lunghi specie nel caso in cui durante l’intervento si debbano usare wedge o cunei metallici per compensare perdite ossee.

 

PROTOCOLLO RIABILITATIVO

1° giornata: programma individuale di FKT, mobilizzazione passiva del ginocchio con kinetec, contrazione isometrica del quadricipite, prova di ortostatismo e qualora sia possibile deambulazione assistita con girello.

2° giorno in avanti: posizione seduta a letto e in poltrona, proseguire e incrementare progressivamente la mobilizzazione passiva con kinetec, deambulazione con girello e quindi poi stampelle con carico totale o parziale in relazione al tipo di revisione effettuata e alla qualità ossea riscontrata.

Alla dimissione è fondamentale proseguire il recupero dell’articolarità, del tono quadricipitale e della muscolatura glutea inattiva da tempo. Assai utile alla dimissione risulta essere la FKT  in acqua.